News
di Atlante
Atlante: Un Percorso di Crescita e Innovazione nel Commercio Globale
7 Gennaio 2025
Un approfondimento pubblicato su Il Sole 24 Ore racconta il percorso di crescita di Atlante e le sfide affrontate per garantire un approvvigionamento efficiente di prodotti alimentari in Italia, oltre all’esportazione delle eccellenze Made in Italy in tutto il mondo.
L’articolo evidenzia il nostro impegno nell’affrontare le complessità logistiche e geopolitiche che caratterizzano il commercio globale, tra guerre, protezionismi e cambiamenti climatici, descrivendo come Atlante, guidata dalla visione strategica della fondatrice e CEO Natasha Linhart, stia ripensando le rotte commerciali per continuare a crescere in un mercato in continua evoluzione.
Grazie alla capacità di innovare e a una costante attenzione alla qualità, Atlante prevede di chiudere il 2024 superando i 280 milioni di euro di fatturato, con un obiettivo ambizioso di 360 milioni entro il 2026.
Atlante, guerre e dazi ridisegnano le rotte. In Cina via ferrovia.
Il Sole 24 ore, 07/01/2025
Ilaria Vesentini
«Lavoriamo da trent’anni con tutta la Gdo italiana e con le più importanti catene di distribuzione internazionali garantendo la disponibilità ottimale di prodotti alimentari sugli scaffali e mai come oggi soffriamo le difficoltà nel gestire le rotte commerciali e la supply chain, per livelli di problematicità logistiche e di instabilità geopolitiche mai raggiunti prima».
Natasha Linhart parla con l’esperienza imprenditoriale di chi dal 1994 monitora i traffici sui mari globali (l’80% del food & beverage viaggia su nave) all’interno di un business che ha portato Atlante — la sua società di Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna — a diventare la piattaforma leader nell’approvvigionamento di referenze estere importate in Italia (partendo negli anni Novanta dalle bevande di soja e dalle alternative vegetali alla carne) e di eccellenze Made in Italy esportate dal Canada al Sudafrica.
Atlante cura ogni aspetto del processo: dalla selezione, controllo e certificazione dei fornitori e dei prodotti al packaging, dalla distribuzione al marketing, con una squadra di 200 persone tra il quartier generale di Casalecchio e la filiale nel Regno Unito.
«Attualmente commercializziamo 2mila referenze, un numero praticamente raddoppiato nel giro di cinque anni, così come è raddoppiato il fatturato, quasi per la metà legato all’export di prodotti italiani», spiega la fondatrice e CEO del gruppo bolognese che chiuderà il 2024 superando quota 280 milioni di fatturato (+12% in un anno) e ha un obiettivo al 2026, fissato nel piano strategico, di 360 milioni di euro.
«L’effetto naturale del commercio è portare la pace, scriveva Montesquieu ne “Lo spirito delle leggi” — sottolinea Linhart — e invece la guerra in Ucraina e nell’area mediorientale, abbinata a barriere commerciali e protezionismi sempre più spinti, stanno minando rotte e supply chain consolidate, imponendoci di elaborare nuove strategie e ripensare traffici e sistemi di stoccaggio per evitare rotture di stock».
Nel portafoglio clienti di Atlante ci sono tutte le catene della Gdo italiane, il gruppo svizzero Migros (socio al 20%) e blasonate insegne estere come Sainsubury’s in UK, Aeon in Giappone, Kroger negli USA, Fruitsy in India.
Il ridisegno dei traffici sta portando oggi Atlante a crescere molto in Estremo Oriente, in particolare in Giappone e Corea, e la prossima meta è la Cina, puntando sulla logistica ferroviaria.
Nelle commodity, come pomodoro e pasta, i produttori italiani sono però sempre meno competitivi perché le produzioni caucasiche (Kazakhstan, Uzbekistan), offrono ottima qualità e possono viaggiare via terra sfruttando l’antica via della Seta centrale.
«Noi siamo alle prese con tempi e costi dei trasporti via mare ormai fuori controllo. Il costo dei noli negli ultimi due anni — spiega l’imprenditrice — è passato da 2mila euro a container da Shangai a Genova a 12mila euro, per poi riposizionarsi ora tra i 3 e i 4mila euro, con il rischio di nuovi rialzi e un allungamento dei tempi di consegna di quattro settimane per via della non percorribilità del Canale di Suez. Anche il costo del denaro rappresenta un problema per le aziende in quanto il valore della merce in transito o in stock deve inevitabilmente aumentare».
E non c’è solo il Canale di Suez, che filtra il 40% delle merci dirette in Europa, a fare da collo di bottiglia alle navi portacontainer, ma il Canale di Panama in America Centrale, lo Stretto di Hormuz tra Golfo Persico e Golfo di Oman, lo Stretto di Malacca nel Sudest asiatico e, ancora, lo Stretto di Gibilterra, l’area del Bosforo e dei Dardanelli, lo Stretto di Bab-el-Mandeb (dal Golfo di Aden all’Oceano Indiano), il Capo di Buona Speranza e il Canale di Sicilia.
«E come non bastasse la fragilità di rotte commerciali compromesse dalle guerre alle porte dell’Europa e dagli attacchi Houthi — rimarca la CEO — c’è il cambiamento climatico a complicare lo scenario, con fluttuazioni delle disponibilità di materie prime, e quindi dei costi che hanno impattato colture in tutto il mondo e commodities primarie come caffè, cacao, frutta, verdura, olio».