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di Atlante
La fine dell’accordo del grano sul Mar Nero
4 Agosto 2023
Nel corso dell’ultimo anno il Black Sea Grain Initiative, il cosidetto accordo sul grano, accordo ONU fra Russia e Ucraina, ha garantito all’Ucraina di poter esportare prodotti agricoli dai suoi tre porti di Odessa, Chornomorsk e Pivdennyi sul Mar Nero. A partire dall’inizio di agosto 2022, 32,9 milioni di tonnellate di prodotti agricoli hanno lasciato l’Ucraina all’interno di questo programma: 16,9 Mio t di mais (circa 60% del totale delle esportazioni), 8,9 Mio t di frumento tenero, 1,9 Mio t di farina di girasole, ma anche olio di girasole, orzo, seme di colza, seme di soia e seme di girasole.
Sfilandosi dall’accordo lo scorso 17 luglio, la Russia ha privato improvvisamente il mercato globale delle esportazioni ucraine di cereali e altri prodotti agricoli dai porti sul Mar Nero, ritirando ogni garanzia di sicurezza e considerando come possibili obiettivi militari infrastrutture portuali, silos di stoccaggio e ogni nave diretta in Ucraina.
L’area russo-ucraina del Mar Nero è così nuovamente diventata una potenziale area di pericolo per la navigazione, bloccando un fiume consistente di quasi 19 miliardi di chili di prodotti agricoli che nell’anno di durata del “Grain Deal” sono stati destinati ai paesi poveri dell’Africa e dell’Asia. Fra i paesi in via di sviluppo più colpiti dall’interruzione dell’accordo: il Bangladesh (con oltre un miliardo di chili di grano importato dall’Ucraina), l’Egitto (con oltre un miliardo e mezzo di prodotti agricoli importati), l’Indonesia, il Kenya, l’Etiopia e la Tunisia.
Vie alternative e possibili scenari
Già nel corso dell’ultimo anno e mezzo, l’Ucraina ha cercato di sviluppare e potenziare reti logistiche alternative ai porti sul Mar Nero dove poter condurre e dare continuità alle esportazioni, in particolare tramite i porti sul fiume Danubio (al momento principale via logistica alternativa al Mar Nero, ma già posta sotto attacco russo lo scorso 24 luglio) e via terra, su gomma e rotaia. Tuttavia, la capacità di esportazione di queste reti alternative in termini di volumi è compromessa e limitata (vedi Figura 1).
L’eccesso di prodotti di origine ucraina sta già avendo un effetto di congestionamento nei mercati dei Paesi confinanti dell’Europa orientale ed un effetto penalizzante per i produttori locali che trovano difficoltà ad esportare le proprie merci per via della forte concorrenza del prodotto ucraino sia in termini di prezzo che di logistica.
Il potenziamento delle vie logistiche alternative al Mar Nero difficilmente potranno compensare i volumi di export che non usciranno dal Mar Nero, ma che aumenteranno la pressione sui prezzi e sulla logistica dei Paesi dell’Europa orientale, che già da maggio hanno ottenuto dalla Commissione Europea di potersi limitare a garantire il transito delle merci ucraine senza che queste si fermino sul mercato locale.
Rimangono da monitorare gli sviluppi della capacità logistica ucraina, in uscita ed in entrata, e la posizione che la Commissione Europea assumerà per far fronte alle istanze dei Paesi sul confine orientale dell’Unione per prorogare la loro facoltà di non importare merci dall’Ucraina.
Il crescente afflusso di merci dall’Ucraina verso l’Est Europa richiederà probabilmente una crescente capacità logistica per lo smistamento delle merci verso i Paesi più occidentali dell’UE o verso Paesi terzi, innescando in tal modo probabili effetti di congestione logistica con una scarsità di offerta di mezzi di trasporto merci che non siano impegnati sul fronte orientale. I Paesi dell’UE, come l’Italia, che si pongono come importatori di prodotti agricoli potranno dover far fronte ad una logistica più costosa per le importazioni.
Una situazione già compromessa
La fine dell’accordo sui “corridoi del grano” comporterà una forte riduzione delle possibilità di export per l’Ucraina, che però erano già previste subire forti riduzioni nel corso della campagna 2023/24, anche qualora la Black Sea Grain Initiative fosse stata rinnovata. Le elevate esportazioni dell’ultimo anno, accompagnate da una forte riduzione dell’offerta per il calo delle produzioni agricole dovute alla guerra in corso, erano già previste per il 2023/24 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli USA in calo: -61% per il seme di girasole, -30% per il mais, -38% per il frumento tenero rispetto alla campagna precedente.