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di Atlante
“Scoviamo i cibi migliori del mondo. Qualità e salutismo per i supermercati”
31 Maggio 2021
Intervista a Natasha Linhart, fondatrice di Atlante su Repubblica del 31/05/2021
Fanno da «cane da tartufo» per i supermercati, alla ricerca dei prodotti alimentari migliori nel mondo. Ed esportano il meglio di quelli italiani.
«Ma siamo molto attenti anche ai nuovi stili di alimentazione, salutisti e vegetariani», esordisce l’anglo-svizzera Natasha Linhart, fondatrice e azionista di maggioranza di Atlante.
Come nasce l’azienda?
«Nel 2002, da una mia idea. Ero responsabile commerciale per l’Italia per una multinazionale olandese. Ho avuto la follia di mettermi in proprio con mio marito Federico Nanni, di Bologna, e il primo prodotto è stato il latte di soia, perché mio figlio era intollerante al latte. Da lì mi è rimasta la passione salutista».
L’idea di fondo?
«Il fatto che l’industria produttrice da una parte e la grande distribuzione dall’altra non sempre riescono a portare avanti la realizzazione di prodotti in maniera professionale, con attenzione alla filiera, alla sicurezza alimentare, all’etica e adesso anche all’impatto ambientale.
Noi non siamo rappresentanti, i nostri clienti sono i supermercati che si fidano del nostro team, bravo a trovare prodotti esteri e portarli in Italia e viceversa: ne trattiamo 1.500, di tutto il mondo. Facciamo da cane da tartufo e cerchiamo i prodotti migliori su richiesta. Ci siamo lanciati nel salutistico già vent’anni fa, nel 2011 abbiamo iniziato a collaborare con la svizzera Migros, che ora è nostra socia, e dal 2014 siamo partner della catena inglese Sainsbury’s. Ma lavoriamo anche in Canada, Usa, Giappone, Corea, Sud Africa e Israele».
Che prodotti portate in Italia?
«Qui vanno molto forte il trend salutistico, le diete con meno carboidrati e le proteine alternative alla carne, così come i prodotti senza glutine. Non sono più nemmeno tendenze, ma nuovi modi di alimentarsi. Sull’Italia, per noi sono importanti la cioccolata svizzera e la birra, che portiamo da Germania, Olanda, Belgio, Francia e Repubblica Ceca».
E all’estero?
«Vogliamo crescere su pomodoro, pasta, riso, vino e così via, ma anche olio d’oliva, capperi, acciughe e varie specialità come l’aceto balsamico e formaggi particolari. Lavorando non solo sui prodotti tipici, più conosciuti all’estero, ma anche con aziende che meritano di essere esportate perché fanno un bel lavoro».
Quali sono i prodotti più richiesti? «C’è una conoscenza incredibile dell’aceto balsamico in Giappone e Inghilterra. Poi naturalmente il vino italiano, molto apprezzato dopo gli accordi bilaterali Italia-Giappone. La cucina italiana all’estero si sta sviluppando molto con ristoranti di alta gamma, a Londra ne stanno aprendo tanti, e questo ci aiuta a esportare prodotti più sofisticati. Giapponesi e Coreani apprezzano tantissimo il lambrusco, che noi forniamo in una versione un po’ meno acida sviluppata con un’azienda di Modena. Spesso per portare un prodotto all’estero bisogna andare incontro al loro gusto, per esempio in Inghilterra oltre a tortelli e tortellini tradizionali abbiamo un ripieno di piselli e menta, sviluppato con le aziende italiane, oppure versioni di pesto più piccanti o senza formaggio a seconda dei mercati. In India vendiamo specie selezionate di mele del Trentino».
Il 2020 com’è andato con la pandemia?
«Abbiamo fatturato 173 milioni con una crescita del 20%, i supermercati hanno aumentato le vendite. Però puntando molto su sicurezza alimentare, tracciabilità ed etica abbiamo guadagnato credibilità e tanti prodotti sono stati apprezzati.
Questo è importante, perché l’Italia all’estero ha una reputazione ancora legata alla frode alimentare e se abbiamo storie di successo questo fa onore alla nazione. Siamo anche cresciuti come personale dipendente, perché abbiamo fatto 15 assunzioni e ne abbiamo altre sette in corso, tra settore qualità, logistica, commerciale e marketing».
E per il 2021 cosa prevedete?
«Il nostro budget è molto prudente, attorno ai 178 milioni, perché con la fine della pandemia la gente tornerà al ristorante, ma in realtà stiamo andando meglio delle previsioni».
Puntate anche sul vegetariano…
«Sì, abbiamo un reparto ricerca e sviluppo che aiuta i nostri produttori.
C’è tutto un mondo alternativo alla carne: stiamo lavorando a una tecnologia per trasformare le proteine del latte in fibre simili a quelle della carne. Del resto in futuro sulla Terra saremo 10 miliardi, non possiamo più permetterci di mangiare come abbiamo fatto finora.
È un cambio culturale, anche in Italia. Del resto in questo campo vengono investite cifre enormi, pensiamo alla fondazione Bill Gates ma anche ai burger vegetariani di Mc Donald’s. Del resto, l’unica carne che noi stessi vendiamo ai nostri partner è quella contenuta nel ripieno dei tortellini».